Revolution? No! De.Co.

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28/02/2015

Revolution? No! De.Co. ovvero: denominazioni comunali, quelle che stavano tanto a cuore al maestro Gino Veronelli, padre nobile dell’enogastronomia italiana, a cui va buona parte del merito del successo del made in Italy enogastronomico nel mondo, ed oggi portate avanti da un critico di buzzo buono: Paolo Massobrio nonché presidente del Club di Papillon. Un fenomeno quello delle De.Co. che sta appassionando numerosi comuni dell’intera penisola. Ma cosa sono le De.Co? Sono un documento storico, semplici atti notarili o, meglio delibere di un consiglio comunale che registra un dato di fatto: un prodotto, un piatto, un sapere, con i quali una comunità si identifica. Le De.Co. sono insomma momenti di partecipazione popolare, atti di autocoscienza che attraverso un “ripasso” di storia possono dare vita a un moto di marketing territoriale. Un atto politico, che fissa un valore, una carta di identità che viene rilasciata dopo aver censito un passato, un presente, e ipotizzato uno sviluppo futuro! E proprio di adozione della De.Co. si è discusso il 20 febbraio u.s. presso la sala consiliare comunale nell’ambito di un consiglio comunale partecipato. L’adozione della De.Co. affinché il patrimonio vada scritto è il coro unanime di tutti i consiglieri presenti alla seduta ed ecco i primi passi: con una semplice delibera viene formalmente adottata la De.Co., e ne viene approvato il regolamento. Nella prossima seduta sarà nominata un’apposita commissione che si occuperà dell’approvazione di adeguati protocolli che verranno proposti al consiglio comunale per l’attribuzione definitiva della De.Co. Le denominazioni comunali (che non sono marchi, non sono equiparabili a denominazioni riconosciute dall’Unione Europea) attraverso una delibera comunale possono essere adottate su: un prodotto tipico, ovvero un prodotto agricolo coltivato in quel territorio, adattatosi nel tempo e conservato, come coltura dagli abitanti del paese; un prodotto dell’artigianato alimentare, è il caso di un prodotto dell’artigianato alimentare locale, che rappresenta un valore identitario delle famiglie di un paese; un prodotto dell’artigianato, si tratta di un sapere che ha prodotto un artigianato locale; una ricetta, solitamente legata ad una tradizione, che a sua volta ha prodotto una sagra,codificando la storia e l’esistenza di un piatto; una festa, si tratta di momenti legati alla tradizione di un piatto o di un prodotto , che rimangono un momento di aggregazione popolare di una data Comunità; un sapere, riferite ad una pratica in uso in un determinato comune come può essere una tecnica di pesca, di coltivazione, di artigianato; un terreno, è il caso assai diffuso delle tartufaie, che di fatto tutelano un territorio vocato alla crescita e raccolta di una particolare specie di tartufo. Dominique Vivant Denon diplomatico, scrittore, incisore e amministratore francese parlando di Calabria dice “…forse il paese dell’universo più ricco, più fertile e il più completo per ogni specie e produzione”. Non è dato sapere se Denon durante il suo viaggio abbia avuto anche l’opportunità di degustare la duttile (adatta sia all’invasettamento che alla preparazione di piatti, finanche buona con il cioccolato fondente) melanzana  viola di Longobardi oppure i fagioli ‘du Piru, che al gusto ricordano la castagna o ancora assistere e/o partecipare ad una partita di ruzzola, ma sul Tirreno cosentino sono convinti che se non lo avesse fatto di persona qualcuno di cui si fidava gli avrà raccontato qualche emozione! Si De…Comincia!!!!!

 

Francesco Saliceti

 

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